L’ultimo colpo di coda dell’inverno è spesso quello più suggestivo e se fosse mancato il freddo e la neve nei giorni precedenti la natura non mancherà di ricordarci che Gennaio e Febbraio son mesi dominati pur sempre delle divinità del ghiaccio da che, per noi mortali, sarà necessario attendere almeno un altro mese per veder il tenue risveglio della Primavera. Tuttavia la montagna deve, nel passato, aver stabilito ben stretti legami con quelle divinità poiché lì il gelo è sempre restìo a retrocedere e, qualora ci si aspettino miglioramenti di temperatura come a valle in realtà tutto il panorama resterà freddo e gelido molto più a lungo. È in questi momenti che, avvertendo il lato più selvaggio e difficile della natura qualcuno vuole tentare ad immedesimarsi con esso avvicinandosi anche per le antiche storie che lo riguardano e provando sulla propria pelle quel senso di impervio ed inospitale, almeno per poco... .
Finalmente in questi giorni c’è stato modo di incontrare di nuovo due amici che ho conosciuto tempo fa nel forum e, in concomitanza dell’apertura del museo minerario che c’è a 30 Km. da Bergamo, si è pensato… “ perché non vederci là ? ” . Così siamo partiti dai - 4 ° C del dopo-pranzo e, volati al tepore del museo allestito nella palazzina delle vecchie scuole nel paese di Gorno abbiamo lì iniziato ad interessarci della storia mineraria della Val Seriana dove esistono almeno 200 Km. di tratti minerari mappati e ce ne sono senz’altro molti altri ancora da scoprire o crollati e perduti nel tempo, dai primi scavi risalenti agli antichi Romani fino alle ultime ditte di escavazione chiuse poi negli anni ’70.
In me il desiderio di esaudire la timida promessa fatta giorni prima ai due amici… : << Dovrebbero esserci numerosi tratti al buio internamente alla miniera…. almeno spero !!! >> . Dunque, partendo con l’intento di passare un bel pomeriggio anche in compagnia delle torce abbiamo iniziato questa piccola avventura con le guide trovandoci in un gruppo di circa 20 visitatori : tre persone, di quei venti, con un numero di torce tale da poterne prestare a tutti gli altri (

Attrezzatura e torce scelte ( Hombregti ) :
Torce : Fenix TK 35, Armytek Predator R , Spark SL6 neutral white
Un bel marsupio a tracolla della Maxpedition
Attrezzatura e torce scelte ( Budda ) :
Torce : 4sevens quark 123^2 con R2 , Xeno E03 warm con XML T4 , JetBeam Jet I V3.0 R2 , Fenix LD20 Q5 , Eagletac M2C4 P7 , Armytek Predator.
Un capiente marsupio da cintura stracolmo di Lumen
Attrezzatura e torce scelte ( P.P. ) :
Torce : Lumintop Terminator TD15X , Sky Ray XM L T6 , Saik SA 15 , Multiled 64 Led frontale
Multitasca da cintura , portatorcia verticale
Abbigliamento :
Giacca pesante, scarpe invernali, guanti e berretta calda… viste le temperature !
Altre necessità :
Per sta volta nulla in particolare.
Impressioni :
<< La visita mineraria si compone di tre parti >>, avvertono le guide : ci si reca dapprima al museo dove ci sono tutte le attrezzature dei vari periodi estrattivi dello Zinco, del Ferro e degli altri metalli, poi ci sarà la visione di due filmati d’epoca che mostrano la vita e il lavoro dei minatori degli anni ’50 e ’60, infine per circa un’ora e mezza si andranno a visitare le miniere della Costa Jels , da poco ultimate e messe in sicurezza a circa 2 Km. dal museo. La prima ora passa velocemente : nel museo ci sono interessantissimi oggetti, attrezzi e strani congegni meccanici d’epoca trasportati lì anno dopo anno dal gruppo di appassionati che si è occupato del loro recupero trascrivendo al contempo gli atti della storia del luogo e ripristinando arnesi, restaurando vagoncini, rotaie, scambi, orologi, pompe e martelli perforatori, aste ad aria compressa, vecchie casse di esplosivo, sistemi di detonazione ad innesco ( dette “ marmotte ” ), abbigliamento d’epoca, guanti in robusto cuoio, caschetti e maschere di respirazione, strumenti di lavoro vario come trapani, mazze, martelli, pinze ecc. ; poi allarmi automatici e sirene rotative ( del tutto simili alle sirene antiaeree tedesche con rotore centrale ), una marea di lampade ad acetilene ( funzionanti con acqua e sassolini di carburo ), lampade elettriche con batteria esterna, segnali di avviso, tabelle di legno con piòli per monitorare il passaggio dei vagoni, diorami allestiti in ogni angolo delle stanze per vedere da vivo le condizioni di vita di chi oltre 60 anni fa lavorava nell’eterna notte della miniera. Inoltre, una stanza ricca di congegni elettrici e chimici usati per la lavorazione del minerale, la sua polverizzazione e analisi, nonché gli strumenti per veicolare il trasporto, l’energia, l’aria ed acqua compressa che muovevano i vagoni, le carriole automatiche e gli attrezzi pesanti all’interno della miniera laddove comprensibilmente erano banditi i motori a scoppio. In un punto è poi allestito uno spazio che sembra ritrarre un ufficio anni ’40 / ’50 esattamente come poteva esser a quel tempo, ove nulla è stato lasciato al caso : dal tipo di penne usate alle carte d’epoca con annotazioni di registro. Da lì si passa ad una stanza attigua dove si posson visionare una raccolta di minerali e, infine, in un’altra stanza con poltroncine c’è il piccolo cinema dove si mostrano i due filmati anni ’50 - ’60 ove appaiono i processi di lavorazione del minerale e la vita che c’era nei paesi e nelle fabbriche siderurgiche a quel tempo. Son rimasto molto incuriosito da tutto ciò, particolarmente dallo stile essenziale e pratico di qualsiasi cosa si usasse durante il lavoro sebbene quei congegni fossero studiati con insolito estro e sottile fantasia. Lampade da maltrattare ad ogni minuto del giorno, ma raffinate nelle forme e ricche di stile ; un oggetto poteva combinarsi poi ad altri per diventar pratico in lavori diversi da quello che normalmente era stato chiamato ad assolvere.
Chiaramente è impossibile descrivere tutto ciò in poche righe e mi limito a generali fugaci descrizioni. Dopo la visita del museo si esce all’esterno dove, nel nostro caso, la fredda temperatura riprende al volo possesso di mani e nasi gelati. Per arrivare alla miniera ci sono poco più di 2 chilometri di strada ed al volo ci si prepara in auto ; giunti là c’è una presentazione generale all’esterno di una alta costruzione di pietra con vasconi verticali di scarico in pietra ove partiva la vecchia funivia di trasporto del minerale. L’orologio che nel primo pomeriggio mi segnava la temperatura di - 4 ° C ora segna - 8 ° C ; fa un freddo becco e - complice un venticello leggero - rimpiango di non aver portato con me qualcosa di più pesante da mettermi addosso, soprattutto alle mani… comunque le guide ci dicono che in miniera, corrente d’aria permettendo, ci sono circa + 10 ° C . Il luogo esterno che sembra granitico in realtà è un " guscio " di pietra sorretto su enormi porzioni vuote sotterranee, le cosiddette " Lanche ". L'entrata che ci apprestiamo a varcare è detta " Porta dei Serpenti ".
Inizia la visita e messo il caschetto nei primi metri di condotto tutto è completamente buio se non per una fioca luce lontana intravvista da dietro un pesante cancello di ferro arrugginito semiaperto che delimita il mondo minerario da quello esterno montano. Con Hombregti e Budda si scherza…. << Hai preso le forbici da elettricista per tagliare i cavi della luce in miniera ? >> (








La guida - tra le molte storie ed aneddoti particolari - ha raccontato la storia di Charlie, un bergamasco emigrante che lavorò nelle miniere in Australia all’inizio del secolo appena trascorso : nel 1907 a causa di un improvviso ed inaspettato allagamento delle miniere egli rimase ben 9 giorni rinchiuso nel sottosuolo in una sacca d’aria a oltre 200 metri di profondità ( vedi sotto ) e sopravvisse mangiando le poche candele di cera che aveva con sé ( allora le candele erano di cera d’api, e non di paraffina o di amalgami chimici ) fino all’arrivo di un gruppo di palombari che in tempi record riuscirono a trovarlo perlustrando le profondità allagate della miniera, immergendosi dove Charlie lavorava da solo, per infine raggiungere l’uomo ormai sfinito ma vivo. Dopo essere stato portato in salvo nel giorno di Pasqua non si tardò a riconoscer quest’ impresa quasi come fosse stato un miracolo date le enormi difficoltà logistiche, da cui se ne parlò per molti anni a seguire. Purtroppo Charlie dopo essersi pienamente ristabilito in salute a seguito di questa avventura dovette ritornare a lavorare in miniera e pochi anni dopo morì, come quasi tutti i minatori del tempo, di silicosi ai polmoni. Destino che colse anche mio nonno, minatore in Belgio per tanti tanti anni. A volte, ci racconta la guida, qualche minatore riusciva a mandare a casa qualche pepita d’oro sottratta in miniera riuscendola a nascondere all’interno del tacco svuotato delle proprie scarpe consumate che spediva a casa per farle risuolare : i parenti sapevano che, se nella lettera di accompagnamento il loro lontano parente avesse scritto “ Tegnì dà cűnt i scarpe ” ( “ Abbiate cura delle scarpe ” ) questo significava che le scarpe contenevano dell’oro nascosto. Preferisco lasciar leggere tutta la storia a chi è interessato col link segnato più avanti. Sentendo quelle storie di privazioni e lavoro pazzesco mi sento davvero fortunato, per noi chiaramente è impossibile immaginare la vita breve e critica di quelle povere persone.
Nella miniera di quando in quando si sente il telefono “ a scimmia ” che risuona nelle gallerie e la guida che impugna la grossa cornetta verde per comunicare qualcosa col secondo gruppo di visitatori che si è attardato al piano superiore della galleria da noi percorsa circa 15 minuti prima. Alcune volte i minatori da una zona all’altra di un condotto si mandavano segnali picchiando una, due o più volte un sasso sui tubi di ferro che portavano aria o acqua compressa nelle gallerie, sicuri che il suono sarebbe arrivato a destinazione col relativo messaggio in codice. La batteria CR123A primaria della piccola Saik SA15 che ho fissato sul caschetto è visibilmente stanca… ogni tanto riesce però a scovare ancora qualche dettaglio significativo a terra ; intanto la uso per leggere le mappe che ci danno. Accendo durante le discese nelle strettoie la 64 multiled retrostante al caschetto per illuminare un po’ i tratti dietro a me di modo che chi mi segue senza torcia non inciampi ; il freddo, però, mi rende faticoso tener in mano per molto tempo la torcia e le dita son rigide come bacchette di legno avendo indossato solo i guanti leggeri : così tengo penzoloni al polso la torcia e metto le mani in tasca per scaldarmi un po’. Ogni tanto fan capolino dal pavimento le stalagmiti di ghiaccio di forma stondata ; illuminate da lontano sembrano, con le stalattiti direttamente soprastanti, delle fauci aperte pronte ad ingoiare l’incauto passante che sta avvicinandosi a quell’entrata (

Ci aspetta ora un breve tragitto verso la galleria esterna dei vagoni dove in fondo al sentiero stanno dei carrelli e degli imbuti di scarico che servivano per riempire le carrozze di minerali prima di iniziare il trasporto coi trenini a gasolio. Un breve commiato da parte della guida ed un saluto, con la piacevole sensazione che il ricordo di quei luoghi non ci abbandonerà.
Senz’altro qualcuno di noi tornerà a quella miniera forse per vederla in estate o con la scusa di ritrovare un po’ di arcana magia nei selvaggi chiaroscuri che nei suoi nascosti passaggi regala, sgattaiolando in quegli stretti cunicoli proprio come faceva il nostro amico Charlie, tanti anni fa.
Qui il Link del Museo Minerario di Costa Jels a Gorno - Bergamo - : ogni prima Domenica del mese c’è la visita al museo ed alle vicine miniere.
Qui a chi interessa la copertina del libro “ Un Bergamasco chiamato Charlie ” , la vera storia di un minatore scampato miracolosamente alla morte dopo 9 giorni di prigionia nel sottosuolo. Tutto iniziò il giorno Martedì 19 marzo 1907 : a Bonnievale, Australia Occidentale, piove come mai era successo prima in quel periodo : la miniera d’oro Westralia verso sera comincia ad essere invasa dalla pioggia e alcuni livelli, quelli oltre i 200 metri di profondità, vengono allagati. I 160 minatori che stanno lavorando riescono a fuggire… tutti tranne uno : è Modesto Varischetti, “ Charlie ” per gli amici australiani, minatore bergamasco che da qualche tempo ha lasciato Gorno, il suo paese, in cerca di fortuna.
Qui alcune foto della miniera
